BW&BF

martedì 29 luglio 2014

L'incanto del lotto 49 - Thomas Pynchon (1966)

"Forse alla fine sarebbe stato questo a ossessionarla di più: come tutto, logicamente, si combinava. Quasi che (lo aveva già indovinato in quel primo minuto a San Narciso) fosse in atto attorno a lei una rivelazione."
Thomas Ruggles Pynchon

TRAMA
La vita della casalinga californiana Oedipa Maas, sposata con il deejay radiofonico Wendell Maas, detto Mucho, viene stravolta il giorno in cui scopre di essere stata nominata esecutrice testamentaria da parte di Pierce Inverarity, ricchissimo imprenditore nonchè suo ex fidanzato.
Oedipa parte così per San Narciso, cittadina in cui si dovranno espletare tutte le relative pratiche e dove viene contattata dal co-esecutore, l'avvocato Metzger, bellissimo e con un passato da baby star di Hollywood. Per la giovane casalinga inizia così un'avventura a dir poco surreale dove, seguendo una lunga serie di indizi, verrà a conoscenza di una cospirazione vecchia addirittura di secoli.

RECENSIONE
Sapevo che non sarebbe stata una passeggiata confrontarsi con un lavoro di Thomas Pynchon, da più parti considerato il padre della cosiddetta letteratura postmoderna, ero stato ampiamente avvertito in tal senso, però alla fine ho deciso di tentare ugualmente ed, ahimè, devo dire che ho perso la scommessa con me stesso. Qual'era la suddetta scommessa? Semplice: leggere e capire un libro dell'autore americano più schivo ed impenetrabile di sempre. Ho scelto così il romanzo che tutti gli esperti indicano come il più adatto per prender confidenza con lo stile schizoide di Pynchon, L'incanto del lotto 49, e mi vedo costretto ad ammettere che, purtroppo, non ci ho capito nulla. 
Leggo sulla rete elogi sperticati a questo autore e al valore di quest'opera (cose che non metto minimamente in discussione, sia chiaro) e mi sento davvero un povero stupido, possibile che sia l'unico ad averne ricavato nient'altro che un gran mal di testa? Intendiamoci, io non mi ritengo un critico o un esperto ma solo uno a cui piace leggere (anche cose coraggiose e fuori dagli schemi, come è senz'altro in questo caso), però dovendo dare un mio giudizio su L'incanto del lotto 49 non sarei onesto se dicessi che sono riuscito a cogliere ogni sfumatura e/o riferimento presenti in questo testo. 
Potrei mettermi a tessere le lodi della straordinaria inventiva dello scrittore di Glen Cove, del suo modo impareggiabile di trascinare il lettore all'interno di una lunga serie di scatole cinesi, potrei scopiazzare alla carlona la recensione di qualche critico illuminato tanto per darmi un tono di grande intenditore e di persona acutissima, ma il problema è che non farei altro che raccontare un sacco di balle. 
E allora preferisco passare da ignorante, ma onesto. Io non dico che questo libro sia bello o brutto, semplicemente perchè non sono riuscito a capirlo. Limite mio, ci mancherebbe... Evidentemente mi sono cimentato con qualcosa che attualmente va al di là delle mie possibilità. Cose che capitano. Sarei solo curioso di sapere tra tutti coloro che affermano che di questo romanzo si parlerà anche tra tre secoli e che paragonano Pynchon a qualcosa di simile ad un supergenio, in quanti abbiano davvero compreso il senso de L'incanto del lotto 49. Io non ne sono stato in grado e lo confesso sinceramente.

BF

Nella nostra libreria:
Thomas Pynchon
L'incanto del lotto 49 (The Crying of Lot 49)
ed. Einaudi Stile Libero
174 pag.
traduzione di Massimo Bocchiola 

 


Nessun commento:

Posta un commento