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venerdì 7 febbraio 2014

L'Aleph - Jorge Luis Borges (1949)

"Dicevano anche che non essere malvagi è un atto di superbia satanica..."
Jorge Luis Borges (da 'I teologi')

RECENSIONE
Non è facile recensire un libro di Borges, tantomeno questo. Onestamente si fa molta fatica a spiegare a chi non ha mai letto nulla del maestro argentino in che modo lo stile visionario e fatto di continue citazioni riesca a condurre a poco a poco il lettore in quello che è il suo mondo. Proiezioni irreali, percezioni, allucinazioni: tutto questo alla fine ci porta in un luogo di sogno, o meglio, un non-luogo.
Borges era argentino, quindi sudamericano, ma il suo modo di scrivere non ha assolutamente nulla di sudamericano, almeno per come viene spesso intesa da noi la cultura tipica di quel continente.
La sua attitudine di scrittore, infatti, è molto più vicina alla letteratura inglese (Stevenson, De Quincey) ed in più di un'occasione risulta evidente la sua passione per le grandi saghe scandinave e per i classici greci.
L'Aleph, che si presenta come un'opera eccezionalmente complessa e ricca di sfaccettature, in più riflette anche una fascinazione per i miti e le ambientazioni del mondo arabo. Ne è un fulgido esempio il racconto che dà il titolo alla raccolta, L'Aleph appunto, oppure I due re e i due labirinti
Il labirinto, già. Un'altra delle ossessioni di Borges ed un tema che ricorre spessissimo nelle sue opere: è qui presente nello straordinario episodio intitolato L'immortale e si ripete in La casa di Asterione (la leggenda del minotauro come non ve l'avevano mai raccontata), ed anche nell'eloquente Abenkhacàn il Bokharì, morto nel suo labirinto, che rimanda a lontani echi di Poe.
Se devo dire la verità, alcuni passaggi de L'Aleph non sono proprio sicuro di averli capiti completamente o, perlomeno, non è che mi siano apparsi chiarissimi in quanto a volte è facile perdersi nei dedali di continui riferimenti che vengono fatti ad altre opere, però d'altro canto vi sono poi delle istantanee magnifiche come L'altra morte, Emma Zunz o La scrittura del Dio che ripagano totalmente gli eventuali sforzi fatti dal lettore per cercare di non farsi sopraffare da un testo che può anche creare qualche difficoltà.
Questo è il terzo libro che leggo dell'autore argentino ed ormai mi sono fatto una mia idea su di lui, la quale potrà essere pure sballata, ma che io personalmente trovo suggestiva: a me Borges ricorda un mago, qualcuno con dei poteri soprannaturali insomma. Anzi no, ancora meglio, uno sciamano.
Non riesco ad esporre in maniera logica e razionale il perchè di questa immagine che mi sono creato, ma è indubbio che solo un uomo con certe capacità riesce a creare visioni così potenti come quelle che sono di frequente presenti nelle sue narrazioni.
Fortemente evocativo, questo libro pregno di simbolismi e di allegorie credo che debba essere affrontato con la mente totalmente aperta e libera da preconcetti, solo così si può sperare di riuscire a venirne a capo.
Io stesso devo ancora realizzare se ne sono stato capace oppure no, ma una cosa è certa: il signor Jorge Luis Borges possiede la dote di saper stregare. Probabilmente se fosse vissuto nel Medioevo avrebbe fatto una gran brutta fine. 
Per sua (e nostra) fortuna non è stato così.

BF


Nella nostra libreria:
Jorge Luis Borges
L'Aleph (El Aleph)
ed. Adelphi
171 pag.
traduzione di Francesco Tentori Montalto








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